martedì 28 dicembre 2010

5 dicembre 2010 ore 21.52

Dopo le tre ore in sala parto, assistendo al travaglio di Mari, ho capito il senso della frase della dottoressa "si viene al mondo con la forza della disperazione". Impotente eppure protagonista, una emozione forte, a tratti violenta, pur se da spettatore. Un momento provo a dare coraggio e l'altro devo reggermi forte per non sobbalzare e perdere lucidità. E' quasi come un giro sulle montagne russe, ma un giro molto lungo, dove al momento di fermarsi l'accrocco accellera di nuovo e riparte, senza capire quando terminerà il brivido. Poi ad un tratto, ormai in cronico stordimento, un'ultima folle accellerazione, il suo gesto di disperazione, la giostra si ferma e la vita esce all'improvviso. Pianto e gioia, sollievo e terrore. Mille volte lo avevo immaginato ma la senzazione non assomiglia nemmeno lontanamente ad una di quelle. Ora tutti sono più calmi, gli spostamenti, i movimenti, decisamente più lenti, sembrano gesti di routine. E Lui esiste. Lo ripuliscono, lo pesano, io sono lì vicino e penso che tra poco me lo consegneranno in mano con un semplice "prego"; tutte le speranze, l'ansiosa attesa, le tante preoccupazioni, poi la sofferenza e ora con un passaggio di mani, un "prego", eccolo qua.
Una infermiera entra dicendo che fuori è tutto imbiancato, qualcuno si preoccupa delle strade e del rientro a casa. Dev'essere tardi, anche se il tempo conta davvero poco adesso. Penso che la mezzanotte sarà passata e sia già un giorno diverso. Guardo Lui e sono certo che ora tutto sarà diverso.