mercoledì 2 dicembre 2009

RV experience


Mari mi fa sapere che da oggi siamo ufficiamente proprietari di un camper.
Un vecchio Safariways su Fiat Ducato col quale scoprire l'Italia degli scorci e dei paesi o avventurarsi nella vecchia Europa della storia (almeno per iniziare) senza pianificare troppo fin dall'inizio. Un ipotesi troppo zingaresca e romantica della vita? Può darsi, soprattutto per due senza alcuna esperienza di genere, affascinati solo da una vaga idea di viaggio in libertà che hanno assecondato più un capriccio da sognatori che una ponderata scelta di acquisto. Eppure sento già forte la voglia di stipare pochi stracci e qualche provvista a bordo, accendere il fumoso motore diesel facendo tremare per qualche secondo la cabina, instradarsi a prudente e limitata velocità di crociera, far navigare il grosso piroscafo a ruote da un sosta all'altra con lo sguardo affamato ed il sorriso sulle labbra. Serve altro?

lunedì 30 novembre 2009

Citazioni

Devo essere sincero, non mi è mai capitato di essere in alcun modo influenzato da un libro. Mi interessa la lettura, certo, ma di lì a trasportare nella vita vera le finzioni, le fantasie, i pensieri inverosimili di scrittori al limite della normalità e della stravaganza, beh, assolutamente da escludere per quanto mi riguarda. D'altra parte ho poco tempo per le frivolezze in questi giorni di intensa attività da corsista.
Qualche giorno fa per errore ho immerso nell'acqua, insieme ad un impermeabile, il tesserino plastificato che porto appeso al taschino durante le lezioni e che serve da riconoscimento per i frequentatori. L'umidità penetrata ha reso la foto del mio volto completamente irriconoscibile e, poichè impossibile da estrarre, il solo tentativo di asciugatura peggiora gradualmente lo stato dell'immagine su carta. All'ennesimo commento di chi mi incontrava e notava incuriosito l'aberrazione ho risposto che in realtà la mia foto, provata dagli impegni del corso, invecchiava al posto mio mentre il mio volto restava completamente immune da qualsiasi condizione di stanchezza. Il composto imbarazzo rivelato dal mio interlocutore soddisfava al punto giusto la mia necessità di solitaria riflessione. Pochi minuti dopo durante una pausa accademica, chiacchierando con un collega fattosi notare fin dal primo giorno per il suo aspetto estremamente curato, il gusto modaiolo dell'abbigliamento ed il fisico da adolescente, scoprivo con stupore che aveva compiuto da appena un mese l'età di quarantadue anni. Non celando affatto la sorpresa tramutavo immediatamente il mio atteggiamento in quello di un impulsivo indagatore chiedendogli se fosse vero o no che stava nascondendo nella sua stanza un inquietante ritratto su tela, la cui scoperta avrebbe svelato il diabolico patto che aveva certamente stipulato con satana in persona. Anche la sua evidente perplessità mi faceva desistere dal proseguire l'invettiva quasi delirante.
Non appena tornati a sedere per seguire il riprendere della lezione, restavo interdetto, come la maggior parte degli altri del resto, da un intervento fatto da una collega donna, poco inserito nel contesto del quale si stava trattando: subito mi cimentavo nella recita di un aforisma, rimasto impresso nella mia misteriosa memoria: "Le donne non dicono mai nulla di sensato, però lo fanno in maniera deliziosa"; chissà dove l'ho sentita, mah.
Devo essere piuttosto stanco oggi, ho pensieri sconnessi. Penso di andare a dormire presto, per recuperare forze e lucidità. Non prima di aver letto qualche pagina però, giusto per distrarmi..

domenica 15 novembre 2009

Venite parvulus


Credo proprio di aver preso tutto. Non mi resta che chiudere la valigia e mettermi in viaggio, almeno sette ore, sotto un cielo che non promette nulla di buono. Nel caldo dell'abitacolo spedito come un pacco apparentemente ben protetto dal destino avrò tempo di pensare a lungo, fantasticare su idee, cose da fare, viaggi e progetti più o meno sensati. Questa parentesi lavorativa durerà ancora cinque settimane: costretto ad un corso di aggiornamento decisamente lungo per il quale, inconsapevolmente, ho io stesso fatto in modo che la scelta ricadesse su di me. La solita storia, o meglio illusione, del voler seguire ed avere coscienza di tutto quello che accade intorno, l'idea di poter leggere il proprio nome tra i protagonisti del film (almeno da qualche parte nei titoli di coda) o solo la necessità di sentirsi appagato fornendo, in qualsiasi momento, la risposta più soddisfacente alla domanda giusta. Sindrome da docente, direbbe qualcuno.
Ieri pomeriggio mi sono imbattuto nella caricatura di questo soggetto teatrale in una chiesa di Novi Ligure. Eravamo entrati per cercar tepore ma come spesso accade quando si fa ingresso in un tempio, capita di essere trattenuti dal magnetismo dei fasti e delle sacralità di epoche lontane. A passo quasi sordo tra gli altari del Mistero, a testa in su tra le tele buie e drammatiche, una silenziosa concentrazione indotta più che voluta. L'uomo che sta spegnendo i ceri si avvicina a noi sussurrando alcune notizie di carattere storico sull'edificio. Per gentilezza lo ascoltiamo con un po' troppo interesse ed è questo il nostro unico passo falso; si interrompe dicendo di dover chiudere le porte di ingresso ma ci intima, sussurrandolo, di restare immobili ad aspettarlo. Ad una ad una serra le mandate rumorose degli ingressi, spegne con cura ogni luce nascosta dietro i marmi scolpiti e torna inesorabilmente verso di noi con il ghigno soddisfatto di chi sta per portare a compimento il più riuscito sequestro di persona plurimo a scopo di elevazione culturale e spirituale. La narrazione delle origini della chiesa, delle opere ivi contenute, dei grandi pittori che vi hanno lavorato, degli incendi susseguitisi nei secoli e delle razzie compiute dai vari imperatori è, pur se vasta ed ammirevole, tutt'altro che scorrevole e ben collaudata. La sua versione è tratta da un grande ed immaginario libro che egli stesso produce ed è costretto a riscrivere ogni volta a causa di date, nomi e luoghi, cancellati dal tempo e dall'umidità penetrante. Il racconto inceppato, spesso sbloccato da nostri suggerimenti sulla possibile parola da inserire, si protrae nei sotterranei della chiesa, nei cunicoli tetri che si aprono su stanze di nuovo splendore, attraverso scale a chiocciola di vecchi mattoni che conducono a segrete celate da effetti ottici, sotterranei e soppalchi contenenti stupefacenti tesori, lunghi e oscuri corridoi nei quali sono depositate una quantità eccessiva di quadri su tela, tutti all'apparenza dal grande valore artistico. Dietro l'ennesima apertura cigolante, quando ormai la monotona serata si era da tempo trasformata in un racconto del miglior Kafka, compare un uomo imbacuccato da parroco che, pur facendoci sobbalzare dallo spavento dell'apparizione, redarguisce il custode ormai completamente invasato e ci libera dalla morsa dell'auto-eletta sovrumana guida, permettendoci di uscire da una porta magicamente presente appena dietro di lui.
Siamo ora in strada, di nuovo all'aperto, ma impieghiamo più di qualche minuto a ritrovare l'orientamento e la corretta cognizione del tempo. E' piuttosto tardi e cercando di tornare al luogo dove abbiamo parcheggiato percorriamo le vie centrali della cittadina che, dopo l'esperienza di oggi pomeriggio, non ci sembra davvero più la stessa.

lunedì 19 ottobre 2009

Marengo Half Marathon 2009


La sua caratteristica principale è la monotonia. Strade piatte spesso uguali, tratti poco distinguibili e paesaggio dal pattern ridondante: villette, campi lavorati, fabbriche, campi, villette.
Anche i cartelli di protesta degli operai della Texo, disseminati un po' ovunque, rientrano amaramente nella sintesi del territorio. Non conosco i particolari della vicenda ma l'occupazione dello stabilimento a rischio di fallimento sembra essere la vera impresa di questi giorni.

Riguardo alla nostra gara, ci siamo trascinati fino al traguardo con piatta sofferenza. Risultato poco degno di nota, qualche momento di atletico orgoglio e tanta, tanta fatica.

sabato 10 ottobre 2009

Modernità invisibile

Torino è il perfetto luogo dove ambientare la rappresentazione della città del futuro. Penso che le idee vincenti siano quelle scelte che recuperano valori passati supportati da tecnologia della più avanzata, purché questa resti rigorosamente latente. Viaggio per le vie del centro su un mezzo leggero, completamente meccanico, che basta a se stesso. Però è progettato e costruito grazie all'utilizzo delle ultime tecnologie. Usiamo un triciclo che non ha bisogno di combustibili, nessun tipo di trasformazione elettrica, nemmeno una pila. Il suo ciclo vitale è perfetto perché essenziale; la tecnologia rigorosamente nascosta, quindi latente.
La filosofia è applicabile a più realtà, perché ovunque c'è necessità di recuperare il senso di cose concrete, semplici fino all'eccesso, almeno al primo impatto. Non voglio, per esempio, perdere il contatto con un libro fatto di fogli da maltrattare, oppure con un museo dove camminare ossequiosi tra oggetti fatti di materia e odore. Eppure se leggo il nome di un luogo o osservo un quadro ed ho voglia di conoscere le storie alle quali mi rimandano, non ho che da sbirciare discretamente il dispositivo che porto in tasca oppure ascoltare la voce sintetizzata che mi arriva sussurrata dal diffusore da museo nascosto sotto la panca al centro della sala espositiva.
Accanto al mondo reale, ancora l'unico in grado di realizzare la mia felicità, quello più virtuale è al mio servizio per rendere il primo più semplice e più accessibile: a completa ed assoluta disposizione ma sono nel caso in cui ne senta davvero il bisogno.

sabato 3 ottobre 2009

E per tetto un cielo di stelle

lunedì 21 settembre 2009

The dream





Come spesso mi accade, sono le istantanee di situazioni quotidiane ad ispirare i pensieri più intimi. Le riflessioni più compiute sono invece quelle non espresse: trasferite con uno sguardo o con un gesto, con una tensione della voce, con un sospiro intonato per l'occasione.
In questa c'è il futuro, il passato ed il presente. Ci sono io, metaforicamente, e c'è una idea che si è fatta man mano più concreta in chi mi è più vicino. Poi c'è il compiersi di un sogno infantile, forse il vero senso dei nostri sforzi farneticanti. Infine c'è l'infrangersi di una storia che lascia a terra più di una rovina.
Il caso, presentandosi come inaspettato e imprevedibile, ci inganna subdolamente sbattendoci addosso eventi che il più delle volte siamo noi ad aver voluto. Quel sogno, la cosa più concreta che ci resta, anche se sopito, ha la forza di tramandarsi, provare a compiersi di nuovo e ancora reincarnarsi in un'altra storia: assecondarlo è la cosa più grande, e anche più facile, che possiamo fare.

domenica 13 settembre 2009

Il Giro del Morto



In una serata di tardo autunno di molti anni fa alcuni amici stavano correndo sulle colline appena fuori da Alessandria. A parte le villette dalle alte inferriate e le cascine ristrutturate con cani da guardia e piscina, la campagna che attraversavano non doveva essere molto diversa da come si presenta adesso. I freschi sentieri che costeggiano i campi arati lambiscono il bosco quercioso; poi si insinuano nella macchia, diventano improvvisamente ripidi e ancora scoscesi appena dietro una curva. Il notevole dislivello e la vegetazione carica di umido fanno illudere che ci si trovi in un luogo diverso della modesta collinetta poco lontana da una città stesa su di una pianura senza fronzoli, a poche decine di metri sopra il livello del mare.
La nebbia doveva aver assunto, con l'affievolimento della luce del giorno, una consistenza maggiore che forse attutiva persino il rumore dei passi incalcati uno dopo l'altro sullo spesso tappeto di grandi foglie tostate. Non c'erano altri suoni se non gli affanni, pesanti e ritmici, dei quattro. Uno di loro, quello più avanti, scorgeva nella radura qualcosa di scuro, di forma allungata, uno strano fagotto di certo fuori posto. Il suo passo rallentava in modo involontario e impercettibile. L'ombra informe dalla quale il suo sguardo non riusciva a staccarsi prendeva, in pochi secondi, le forme di un uomo grevemente vestito e steso per terra in modo disarmonico. Il suo sussulto spezzava il respiro cadenzato e faceva alzare la testa, appena intorpidita, di tutti gli altri. Le parole, più che altro spezzoni di frasi mal calibrate a causa del fiatone, impiegavano un po' ad uscire. La tensione dei pensieri e dei muscoli cardiaci che continuavano a correre mentre tutti si erano fermati, lasciava un'atmosfera sospesa e quasi irreale. Si stringevano ed indugiavano, poi, destandosi nella forza del gruppo, si avvicinano all'erba alta oltre il primo solco che arginava la stradina.
Da quel momento le mosse, i pensieri ed i commenti prendono forme diverse in base a come l'episodio, pur se di poco conto, è stato più volte raccontato negli anni a venire, facendo rielaborare e deformare i ricordi di quella sera. Anche lo spaventapasseri, trascinato a terra da una folata o da una tempesta, vestito di panno nero o di velluto, con cappello a larga tesa oppure con la testa avvolta in una sciarpa di lana grezza, sembra sia sparito la mattina successiva, mai più ricollocato in quella parte di campagna e mai più sentito nominare dai contadini della zona. Allontanatosi, probabilmente, a causa di qualche altro strano evento naturale, tra la foschia penetrante di queste piccole ma enigmatiche colline, appena fuori dalla città.

Questa la mia elaborazione di un aneddoto che questa stamattina uno degli organizzatori storici della gara podistica "Giro del Morto", al quale avevamo chiesto l'origine del nome della corsa, ci ha gentilmente raccontato.

sabato 5 settembre 2009

De profundis


Caro Amico lontano,
mentre ti scrivo vedo sullo sfondo i colori dorati, a tratti polverosi, della campagna viterbese sul finire di questa caldissima stagione. Sono nove giorni che siamo nascosti nel nostro nuovo rifugio agreste. Volevamo scoprire se il contatto quotidiano con la natura poteva attagliarsi alle esigenze e alle abitudini di vita che negli anni abbiamo artificialmente acquisito; se questo può essere il luogo dove un giorno vivere serenamente insieme a valori recuperati dal passato o se resterà un pittoresco "buen retiro", una fuga momentanea dalla frenesia, il posto dove meditare, scrivere pensieri o rimanere seduti sull'erba immersi nelle pagine di un libro. E proprio la lettura, il riposo, poche parole tra intimi, sono le nostre occupazioni attuali. Non abbiamo televisione, nemmeno la radio, con la quale ero abituato a convivere morbosamente, non si sfogliano quotidiani da giorni. Tutto, intorno a noi, sembra essersi calibrato in modo da scorrere il più lentamente possibile. Ma questo travolgente e immoto susseguirsi del tempo si interromperà, brutalmente, domani col nostro rientro in città. Lunedì le facce delle persone, gli spostamenti già segnati, i gesti scanditi e le frasi sempre uguali torneranno a far parte del nostro mondo conosciuto, lasciando solo pochi e fuggenti istanti per chiedersi che cosa ha un senso e che cosa no.
Un rapido cambiamento del cielo ha ora portato un temporale rumoroso ed una pioggia che pare arrivare da secchi con grandi buchi. Era il segnale che attendevo. Ora son certo che da domani, insieme alle cose più monotone, torneranno anche le certezze che ci rassicurano, le piccole solidità conquistate nel tempo, le poche persone fidate con le quali centellinare intesa e condividere fragilità.
Tutto questo, son certo, sarà il senso anche del tuo rientro che attendo, pertanto, con impaziente ed irrequieta noncuranza.

venerdì 28 agosto 2009

Frammenti di viaggio


Dieci giorni sono sembrati molti di più. Aver vissuto il viaggio in maniera intensa, cercando di non sprecare nemmeno un attimo, lo fa ora apparire più esteso nel fresco ricordo. Siamo rientrati ieri dalla Sicilia e, per qualche giorno, la campagna dove trascorreremo le giornate sarà un luogo di ritiro introspettivo. La raccolta di alcuni frammenti di viaggio servirà a prolugare il piacere di alcuni momenti.


L'amico Leo, vignettista, mi ha inviato uno dei suoi ultimi disegni. Con guizzo ed arte il sensibile osservatore ha sintetizzato il mio tempo presente con matita e pastelli. Un gran bel regalo!




domenica 23 agosto 2009

Ciottoli



Ribera, Agrigento, riserva naturale della foce del fiume Platani.
Seduto sul bagnasciuga osservo il susseguirsi delle onde che si infrangono sulla sabbia brecciosa dove ogni impatto ridisegna la disposizione dei minerali. Dopo un colpo violento emerge dalla schiuma un pattern piuttosto originale. Al successivo passaggio cambiano gli accostamenti e l'istantanea prende una forma più carica di oggetti. Un momento dopo, come in un gioco di illusionismo, le brecce scompaiono completamente, i granelli bagnati si compattano e iniziano a brillare in modo intenso. Un nuovo schiaffo d'acqua e l'opera d'arte prende ancora forma, instancabile come il vento che spinge e incita senza chiedere sosta.
Il moto naturale che si sprigiona su questa lunga striscia di sabbia accostata al mare da una immensa pineta mi riconcilia con qualcosa che credo si chami profondità e che riconosco essere sensazione rara.
Da queste parti abbiamo conosciuto l'ironico Leo e la sua bella famiglia. E' lui che ci ha fatto scoprire questo posto incantevole, insieme ad uno scorcio di panorama in fondo ad una strada dissestata, chiusa al pubblico, che penso riservi a non troppe persone.
Lo scroscio potente che mi risveglia dai pensieri ha cambiato ancora gli abbinamenti sulla rena. Forse è solo il caso ad accostare i diversi elementi prima distanti e sconosciuti. Forse no. Come fossi un veggente, leggo nel nuovo lancio di sassi il nostro futuro prossimo: è tempo di spostarci. Il nostro spirito di turisti nomadi ci chiama ma, pur nella sua brama di conoscenza, non ci permette di affezionarci ai luoghi più che alle persone.
Domattina, col fresco... si riparte.

sabato 22 agosto 2009

Fichi



Caltabellotta, Agrigento, l'ora del tramonto. Siamo immersi in un grande oliveto che circonda il b&b. Trovato per caso ma, casualmente, è proprio come lo stavamo cercando; credo che ci fermeremo di più di un giorno. La calca dei turisti vicino alle spiagge più rinomate ci attrae poco, anche per questo ci siamo allontanati dalla bella Erice. Nelle riserve meno battute abbiamo trovato i mari di quelli che tornano da lontano, una volta all'anno o poco più. Poi la grande cordialità, le parole ad alta voce e le famiglie numerose, allargate in tutti i sensi. Come la colonia di diciotto esemplari che nel pomeriggio ci ha raggiunto in spiaggia, carichi di allegria e di cose da mangiare. Tutti naturalmente oversize, c0mpreso la piccola di tre anni, ma orgogliosi di esserlo. Quasi da fare invidia..



lunedì 17 agosto 2009

Ciaffico



Mari mi fa i complimenti per la scelta dell'albergo (aggiugendo che dev'essere stato un puro caso) e dice che dalla finestra della nostra stanza si vede Palermo. Arrivare nel bel mezzo del mercato Ballarò alle tre del pomeriggio con un'auto appena noleggiata alla ricerca di un indirizzo è stato il nostro approccio con la città. La fatiscenza del quartiere, le urla cariche di messaggi, l'odore del cibo per le strade, ricordano città vicine ma di un'altro continente. Gli edifici diroccati, i cortili decadenti sono il tema portante anche di altre zone, quasi tutto il centro, anche quello storico e più elegante. Sulle via principale si aprono viuzze che sembrano scenografie di film in bianco e nero. In una di queste ci attrae un teatrino di grandi marionette. Un bambino senza dire una parola ci tira dentro, in modo gentile, prendendoci per una mano. Lo spettacolo inizia subito. Le gesta narrate dall'Ariosto rivedute da una improbabile compagnia a conduzione familiare. L'odore acre di muffa dei pupi di legno e delle tende dipinte è però il patrimonio di più grande valore. Rientriamo per vie secondarie al nostro Ballarò. La gola arsa dal caldo ci spinge in una taverna piuttosto sporca. L'uomo seduto al bancone è subito gentile, come tutti del resto. Ci magnifica la sua città, ci invita a tornare a pranzo per il giorno successivo e ci ricorda che quello nel quale ci troviamo è l'unico, inimitabile e vero mercato di Palermo.

venerdì 31 luglio 2009

Uscita di sicurezza


Anche ieri, terminato il lavoro, sono rientrato a casa passando per la via centrale della città. La calura asfissiante sconsiglierebbe questa pratica, ma d'altra parte è un'abitudine che mi piace mantenere. C'è davvero poca gente e mi sembra quasi normale fino a ché non sento qualcuno, dall'interno di un negozio, dire con voce quasi implorante: "sono tutti al Panorama!". Me ne ero dimenticato, si inaugura il nuovo centro commerciale alle porte di Alessandria, ovvero quello scatolone rialzato, contenitore artificioso di cose e persone, che proprio oggi apre al grande pubblico le sue attraenti e fameliche fauci.
Metto da parte qualsiasi snobismo e decido di farci un giro, più per beffardo spirito di critica che per la curiosità del comune consumatore, quale anch'io ahimè sono. Dal momento in cui il suo stomaco inghiotte la mia auto, faccio ingresso in un luogo già visto (mi rifiuto di usare il termine familiare) e la sensazione non è affatto entusiasmante. Forse è il clima artefatto ad aver attratto tutta questa gente o forse qualche misera offerta specchietto che costringerà più d'uno alla ressa sfrenata. Preferisco non sapere. Molti negozi sono ancora chiusi, "prossima apertura", e nelle vetrine, dietro la carta, si intravede un gran operare. Le griffe, le catene e i franchising - quelli di sempre - sono l'unico "panorama" che è dato ammirare, anche perché non esistono finestre o vetrate e, a dire il vero, nemmeno spazi o angoli verdi. La dicotomia è spiegabile con la filosofia del marketing di questo livello: il luogo dal quale arrivi qui non deve avere inferenze. Questa è la realtà che ti viene offerta, finché sei dentro questo è il tuo nuovo mondo e le nuove regole saranno, tuo malgrado, anche il tuo credo, finchè ti troverai qui.
Il mio giro è piuttosto veloce, persino nel settore del Darty (quasi non mi riconosco), una discreta catena di elettronica di consumo. Non c'è nemmeno la libreria (forse è tra le opening soon) l'unico posto dove mi sarei rifugiato per ossigenarmi dall'apnea dei guarda-entra-e-compra quello di cui puoi sempre fare a meno. Puntuale e risolutivo, infatti, arriva anche il mio claustrofobico mal di testa, proprio alla fine del giro di ricognizione.
Nello sconfinato parcheggio, la scritta "uscita" mi riconnette col la realtà esterna, ecco, il contatto è avvenuto, sto già meglio. Superati i piazzali, le rampe e le cornici della nuova periferia, mi soffermo per un attimo ad osservare il panorama che ora mi si para: la città e il suo bel campanile , tristi e dimessi, la cerchia di cemento che avanza, che si dilunga a congiungersi, da questa parte, con quello scatolone che, pur se così grande e ben imbellettato, non contiene affatto alcuna sorpresa.

lunedì 27 luglio 2009

Il trail del Bangher

Le gambe doloranti che mi sorreggono alla scrittura di queste poche righe, mi riportano all'incoscenza che ieri mattina ci ha spinto sulle montagne del biellese. Nessuno di noi si aspettava un tracciato così duro. Nel momento in cui me ne sono reso conto, era solo troppo tardi per tornare indietro. E' stato un assaggio di quello che è la montagna, vissuta nell'intensità di quasi otto ore di affanno. Qualche raid ai ristori, simili alle incursioni rapaci dove PeterBangher, il mitizzato bandito al quale la gara è intitolata, rapinava e razziava le case delle pacifiche vallate.
Nei pochi momenti in cui mi sono trovato solo credo di aver capito, pur non avendone mai razionalizzato una compiuta spiegazione, quel contraddittorio piacere che spinge all'impresa estrema e a ricercare il limite delle proprie possibilità, dove la sofferenza fisica tiene sempre in tensione quella linea psicologica che è confine tra lucidità del pensiero e l'abisso delle paure umane.
E proprio come il Bangher, che dopo essersi arreso alla ineluttabile cattura ed aver scontato la condanna imposta, tornerà a nascondersi tra le montagne e a turbare il sonno delle genti, così le mie gambe, recuperate dal giusto riposo, chiederanno di tornare a correre su altri sentieri, in perenne e ansimante fuga dalla staticità del quotidiano.




mercoledì 22 luglio 2009

Frammenti di un'estate 1


mercoledì 15 luglio 2009

Frammenti di un'estate


L'istinto di sopravvivenza e di autoconservazione porta coloro che hanno la fortuna di restare ad abitare le afose città in questi periodi, alla caccia dell'appuntamento, del ritrovo, del diletto.
L'occasione di ieri era la cosa serale di Pecetto di Valenza. Una bella 6 km quasi tutta in sterrato. Il numero di podisti presenti, di certo al di sopra delle aspettative, non fa che confermare questo diffuso - anche se silente - bisogno di "eventi".
La caccia continua..

sabato 27 giugno 2009

Le dieci domande

Facendo il verso all'inchiesta giornalistica di una famosa testata, diventata ormai il tormentone di questi giorni, ho immaginato le mie personali dieci domande per un altro destinatario. In realtà ognuno può metterci il destinatario che ha in mente, attagliando le domande, che solo apparentemente sembrano riguardare un ambito lavorativo, alle misure e alle sfumature che più colpiscono la sensibilità e la suscettibilità del suo vivere quotidiano.
Se è vero che non esistono domande stupide (si dice che solo le risposte, tavolta, possono esserlo) così come non dovrebbero esistere domande proibite (semmai impertinenti o provocatorie), ancora una volta l'arma dell'ironia resta la migliore possibile, il salvagente per il mare dei mediocri pensieri, la consolazione povera di chi pensa che qualsiasi attività umana sia migliorabile e che il provare a farlo debba essere il primo impegno di ogni nuovo giorno.

LE DOMANDE ALLE QUALI ..X.. DOVREBBE RISPONDERE
1. Si rende conto di essere completamente inadatto a ricoprire il ruolo che occupa?
2. Crede che il fatto di non avere alcuna capacità organizzativa sia dovuto alla sua mancanza di carattere o più ad un evidente limite oggettivo dell'attitudine a formulare pensieri articolati?
3. Quanto ha ottenuto al test di Q.I.?
4. Sa che cos’è il Q.I.?
5. Lei pensa di avere un Q.I.?
6. Come interpreta il fatto che ogni tipo di persona con la quale ha intrapreso rapporti interpersonali ha formulato una pessima opinione di Lei?
7. La sua capacità di far innervosire qualsiasi suo interlocutore, anche quello più serafico, ce l’ha dalla nascita o è un modo di essere che si è scientemente costruito negli anni?
8. Lei ha la consapevolezza che, come la teoria del pensiero filosofico cosmico sostiene, ogni sua azione o decisione ha ripercussioni più o meno gravi, ma sempre inesorabili e irreversibili, sui risultati e sul destino del gruppo o dell'ambiente del quale si trova a far parte?
9. Qualora non intenda, oppure non sia in grado, di rispondere a tutte le precedenti domande, può sforzarsi di rispondere almeno alla prossima?
10. Ha mai pensato seriamente di trasformarsi in un asceta , ritirandosi così lontano dal resto dell'umanità?

lunedì 15 giugno 2009

Strade

Ogni volta che ho desiderio di ricordare le sensazioni provate sulle mitiche strade del west USA, percorro un pezzo della statale Aurelia. Questa Route 66 de noantri che attraversa la terra dei butteri, ci trasferisce pigri e solitari tra pompe di benzina poco omologate e baracche animate dal vento tirrenico. Ogni deviazione di percorso è facile e ben accetta, non siamo imprigionati da caselli e barriere artificiali.

All'altezza di Braccagni, dopo Grosseto, un casale in edera, imbellettato da cocci ed enormi profili africani, attira la nostra attenzione. Ci avviciniamo per una stradina sterrata con il sole a mezzogiorno, ci accolgono due vecchi cani stanchi. Giriamo un bel po' prima che qualcuno si faccia vivo, ovvero l'artista, che forse osservava nascosto le intenzioni delle nostre anime. Ha vissuto in Africa, insegnato in Cina, vagabondato in America; vende le sue opere solo a chi gli va a genio. Guardiamo e ammiriamo tutto, finchè la strada non ci richiama a lei. Facciamo per salutare ma il padrone di casa è sparito. Saliamo in auto e all'imbocco della via di uscita ci appare di fronte. Ha in mano una terracotta con uno strano disegno da decifrare. Ce la regala insieme ad un "buon viaggio". Accaldati ma sgranchiti ci avviamo cercando già la scusa per una prossima sosta.

lunedì 1 giugno 2009

The remains of the day


Ci sono giornate che durano di più di altre. In alcune lo stanco insieme di fisico e pensieri si trascina per ore ad attendere il consumarsi del tempo. In altre gli accadimenti si succedono intensamente e quando si esauriscono quasi completamente, il nuovo evento si rigenera dalle ceneri di quello appena passato.
Domenica mattina tutto è iniziato verso le 03.00. La cena di sabato a base di fritto misto di paranza, innaffiato da grandi bevute a convivio, non ha tardato a far sentire i suoi effetti postumi. Vagando tra la sala e la cucina con un paio di alca seltz ho, nell'ordine, revisionato e approvato la rassegna stampa di rainews24, completato un cruciverba già iniziato da Mari (la precisazione a soggetto serve ad indicare che la difficoltà va oltre alla mera risoluzione enigmistica), abbozzato una risistemazione della libreria per genere letterario (provo a farlo senza risultati ogni settimana ormai da quattro anni). Quando l'orologio ha segnato le otto mi ero già meritato di trascorrere l'attesa del trasferimento al giorno successivo nella maniera più pigra e indolore possibile. Invece c'è già il buon Davide sotto casa (come al solito troppo puntuale) e in un batter d'occhio siamo a Pietra Marazzi dove scopriamo che il trail al quale stiamo per partecipare non è di 16 bensì di 18 km. Il buon senso di rinunciare ci manca e in (solo) due ore portiamo a termine anche questa prestazione. Uscendo dallo sportello della doccia di casa apro direttamento quello dell'auto e, senza nemmeno ricordare perchè, sono già sulla spiaggia di Diano Marina, steso su un lettino per il quale ho anche faticato a chiedere una riduzione sul prezzo (sono quasi le 16 e del sole c'è solo un ricordo sbiadito). Per scongiurare un rientro poco intelligente decidiamo di cenare in loco ma l'atmosfera da old riviera ci fa attardare un po' troppo sul tavolo del bel ristorantino vista mare. A metà strada Mari carpisce (e capisce) il mio sguardo muto ma supplicante e fa la proposta che aspettavo. L'orgoglio di maschio-guidatore non prova a resistere nemmeno un po': mi accomodo senza scarpe sul lato passeggero dove le luci dell'autostrada si deformano attraverso le fessure degli occhi che piano piano di socchiudono. Le immagini della giornata passano a sprazzi come i provini di un montaggio sbagliato; la stanchezza pervade il corpo, la realtà si mischia al sogno e, con un accenno di malinconia, tenta di vivere ancora, quasi commovente e smaniosa, quel che resta del giorno.

lunedì 25 maggio 2009

Polvere di sterco

Domenica mattina, caldo torrido, un centinaio di podisti che con grande convinzione preparano il riscaldamento della gara. L'iscrizione, l'apposizione del pettorale, il raduno poi lo sparo ed il via. Siamo già in salita e c'è già troppo sole. Il gruppo si allunga e non vediamo più i primi. Il percorso diventa presto sterrato e dopo il sesto km non c'è più traccia degli addetti all'organizzazione. Qualcuno si ferma e tenta di orientarsi nella radura. Incontriamo altri in senso contrario convinti di seguire il tracciato. Si taglia per un campo, reinventiamo un senso di marcia. Forse dalla base intuiscono che c'è stato qualche problema e mandano un mezzo di recupero. Al traguardo scopriamo che non c'è ancora traccia dei favoriti; consegnamo il nostro pettorale con orgoglio. Mentre molti protestano con fervore noi restiamo più defilati. L''inaspettato imprevisto in fondo, che ha reso meno monotona l'uscita e più roboante la nostra prestazione, non ci è dispiaciuto troppo.

lunedì 18 maggio 2009

Silenzio in sala

Domenica sera, film di cartellone uscito appena pochi giorni fa, cinema del centro cittadino. Sei spettatori, noi inclusi, in platea, una coppia di più giovani in galleria. Cerco i posti a sedere e mi chiedo come faccia a resistere e a tenere aperto. La sala ha l'odore del legno misto alla stoffa vecchia del muro. E' un pezzo di museo della storia del cinema e provo ad immaginarlo pieno di gente sovrastata da un intensa nube da sigaretta, chiacchiericcio e risate, coppie clandestine, altre al primo appuntamento. Il rumore del proiettore e il suo fascio di luce tra la polvere chiedono discretamente al pubblico la loro attenzione.
Curiamo la scelta del nostro posto a sedere con calma e metodo: l'angolazione, la giusta visuale, la corretta proporzione dell'immagine. A metà dei trailer le luci generali perdono completamente la loro già debole intensità. Il buio rievoca magicamente il rumore degli spettatori delle file dietro di noi. Chiedo silenzio con uno ssschh deciso. Ne sento anche altri farmi il verso. Il film ha inizio. Mentre il chiasso sfuma sulle prime immagini, mi accorgo che questa calca, per me, non è così fastidiosa.


"Angeli e Demoni" di Ron Haward è avvincente e ci cattura dall'inizio alla fine. Le situazioni inventate da Dan Brown prendono forma in maniera imponente. L'ambientazione vaticana rievoca grandi misteri, intrighi, misticismo. Ho accuratamente evitato di leggere il libro non solo perchè preconcettualmente rifuggo dai best sellers. La trasposizione cinematografica di qualità rende merito alla storia, semplifica l'eccessiva complessità della trama, riduce il tempo di fruizione e libera lo scaffale dal tomo dalla riconoscibile copertina a patina lucida, in attesa del prossimo romanzone all'insegna del simbolismo storico religioso.

sabato 9 maggio 2009

StrAlessandria

Esco di casa e vado alla stralessandria. Il rito del video, stavolta in versione visionaria, con i Radiohead nella testa.

giovedì 7 maggio 2009

Hystoric s.s. 2



Oggi pomeriggio ho raggiunto Siena percorrendo, da Viterbo, quasi tre ore di strada Cassia. Il percorso alternativo, con i colori nuovi della stagione, ha l'impagabile pregio di rendere viaggio il mero spostamento. Unica avvertenza, prendersi del tempo in più e dare alla fretta lo stesso peso che ha il concetto di vano. L'antica strada attraversa, da secoli tortuosa e fiera, i centri abitati. Ad ogni paese si entra nell'epoca che esso si è scelto e al quale tutto si è conformato, cose, persone, gatti. Ogni comunità rivendica un suo motto, ogni borgo si inorgoglisce di una sua unicità, ben stampata sul pannello di benvenuto. Fantastica la vita di provincia, vorrei vivere un'ora intensa in ognuno di questi posti. Chiacchierare con i vecchi alle ombre dei caseggiati in tufo, parlare di luoghi comuni col negoziante seduto fuori dalla vetrina, salutare il matto, far tesoro della sua massima del giorno e catturare un poco della leggerezza con la quale tratta le cose del mondo che tutti giudicano troppo, troppo serie.

sabato 2 maggio 2009

primo maggio


Il fiume è uscito ancora dalla sua sede. Nel luogo dove andiamo a correre ha invaso buona parte dei campi circostanti. La nostra stradina ad un certo punto si interrompe. Il percorso al quale ci siamo affezionati cambia e noi dietro a lui, impotenti di fronte alla dimostrazione di forza, appena accennata, ma fieri, siamo anche noi nel suo ritmo. Non ci fa paura la natura, non può, siamo parte di essa. Correndo cerchiamo l'unisono col suo battito e col suo ritmo perpetuo. L'affanno e il respiro lungo, la sete e lo sforzo, poi l'alterazione dei sensi. Finalmente il benessere si diffonde, un calore che sale e un silenzio profondo. Finalmente liberi.

martedì 21 aprile 2009

I should have known better

Snobbare la tv è un esercizio che pratico abbastanza spesso. Il salotto di casa de-catodicizzato e adibito a sala lettura è più che altro un'effimera esaltazione dell'immagine di aspirante famiglia acculturata. Non cambierò mai il mio televisore dell'arcaica profondità di 50 cm: deve rimanere l'oggetto simbolo della tensione psicologica dell'essere umano contro il sistema dell'omologazione in agguato. E poi c'è sempre qualcosa di più importante da fare di sera (mai mi alzerò da quel divano) ed è ancora piacevole parlare, raccontarsi la giornata, dialogare sul futuro prossimo (mi disturba anche solo che mi si chieda "come è andata oggi" e vorrei poter delegare pure il cenno del capo per rispondere a banali comunicazioni di servizio tipo "vuoi un bicchiere d'acqua?"). Il quadretto è perfetto e come si intuisce non c'è spazio di manovra per quelli che, tra una televendita e l'altra, pretendono di intrattenere chi non ha assolutamente bisogno di una somministrazione di sciocchezze.
Eppure qualche volta, chiuse bene le imposte sempre facendo attenzione che nessuno se ne accorga, dopo esserci scambiati pochi, ma ancora piuttosto efficaci, complici e maliziosi sguardi, in punta di piedi azioniamo il tasto che avvia lo scatolone di plastica e vetro bombato. Le valvole ci mettono molto a riscaldarsi, l'immagine prende luminosità un po' alla volta, così come il suono.
Ogni settimana penso: dovremmo smetterla di seguire X-Factor in clandestinità. Vorrei trovare il coraggio per fare outing; d'altra parte siamo o no appassionati di musica? Abbiamo persino velleità artistiche e ambiziosi progetti musicali in corso d'opera, nessuno può smentirlo.
Ma non ci riesco; perchè qualcuno ogni tanto lo chiama "reality"? Dopo l'ultima puntata di domenica, comunque, non è più necessario mostrare finta indifferenza. Posso persino smetterla (mai accadrà) di provare quella incontrollabile invidia verso chi ha ricevuto in dono una voce superiore. Chi suona con me forse sa cosa intendo dire..


lunedì 13 aprile 2009

Paesi






Ogni volta che mi imbatto in una qualche meraviglia del territorio italiano, della quale pochi curano il giusto risalto, non riesco a evitare di fare paragoni con il modo col quale vengono trattate modeste attrazioni che mi è capitato di visitare in certi paesi esteri. Alla signora che ho trovato all'interno di una specie di ufficio pubblico, vicino al centro storico di Farnese, ho raccontato che in Texas, nel mezzo del deserto, siamo stati subdolamente e affabilmente attirati all'interno di un sito nel quale, in un imprecisato passato, si pensa sia caduto dal cielo una specie di sasso. Intorno a questa anonima buca del terreno era stato creato, nell'ordine, un museo multimediale, un centro studi nazionale, la ricotruzione storica dei lavori fatti dai vari ricercatori trovatisi a passare da quelle parti nel corso degli anni nonchè un grande bar tavola calda all'interno del quale è utile meditare sullo sconfinato spirito d'iniziativa americano al termine della surreale visita guidata della durata di circa un'ora.
Sempre alla simpatica donnina di Farnese chiedevo il perchè non fosse rintracciabile alcun cenno turistico nelle suggestive viuzze dove erano state girate le scene più importanti del Pinocchio di Luigi Comencini. Poi anche il perchè non vi fosse alcuna indicazione storica delle opere, dall'aria vagamente importante, all'interno della chiesa parrocchiale: tra tutte l'imponente scena biblica dall'effetto caravaggesco o il vivo San Sebastiano nei pressi dell'altare. Dopo quest'ultima mia citazione iconografica, la fino ad allora paziente impiegata prendeva congedo da noi con finta rassegnazione. Con la sua espressione "cosa volete fare, è così", lasciava trasparire il compiacimento di chi pensa che il dare poca importanza a ciò che si ha è segno di misura, e che la lamentela del visitatore nasconde ammirazione e recondito appagamento del desiderio di scoperta.

mercoledì 8 aprile 2009

Attimi


Lunedì mattina mi ero svegliato con l'idea di pubblicare il divertente video della corsa domenicale di Vignale. Appena accesa la radio, in un attimo, sono rimasto fermo e terrificato. Soprattutto non ho avuto la forza di seguire l'istinto di partire immediatamente. Mi sono detto che un aiuto non organizzato e non inquadrato avrebbe portato solo confusione e che il migliore contributo è quello che può essere inviato a distanza. La tragedia, in realtà, non ha mai conseguenze organizzate e lo spazio per l'iniziativa di chi vuole esserci non passa mai in secondo piano. Ho perso un importante attimo. Anche chi nel profondo della notte non ha dato retta alla sensazione di un momento, o chi non ne ha avuto nemmeno l'occasione, ha perso quell'attimo e anche la vita. Le conseguenze di quegli attimi spaventosi accompagneranno per sempre gli altri protagonisti che hanno perso tutto, sono scampati al nulla e sono rimasti accanto solo alla disperazione.
Quando toccherà alla ricostruzione, se passerà l'idea delle moderne città satellite, quei centri fantasma resternno lì, ancora a ricordarci quegli attimi di paura e impotenza, dove la natura ha imposto il suo istinto e la ragione umana ha misurato i suoi limiti.

lunedì 30 marzo 2009

Piacevolmente insensibile



Dicono che se durante il running si è in grado a discorrere senza troppo affanno, l'allenamento è da ritenersi eseguito in modo corretto. E' un metodo di valutazione che mettiamo sempre in atto, con soddisfazione debbo dire. Spesso mi diverto a sottoporre al mio compagno di corse i maldestri episodi di vita, le esagerate esternazioni sentimentali o i piccoli aneddoti di comportamenti un po' ridicoli, di persone da noi conosciute. Dopo il mio racconto, volutamente architettato a dovere, so già che giungerà impietoso e sferzante, il commento che annichilisce e sigilla senza ulteriore appello l'ignara entità della miseria umana.
Esercitarsi al cinismo è lavoro fine, applicazione di intelligenza e intima necessità di sopravvivere alle infinite mediocrità sulle quali crediamo di galleggiare ogni giorno.
Forse patetico, ma terribilmente divertente!

mercoledì 18 marzo 2009

Una corsa ci salverà

Solo chi non è a conoscenza del macigno che da tre settimane ci è crollato addosso sul lavoro mi chiede ancora il perchè non abbia più aggiornato questo spazio. Oggi ho deciso di ritornare alla vita. Per poco, ma di ritornare alla vita. Sono arrivato a casa presto, quasi furtivamente. Mi sono cambiato, sono passato a prendere il buon Davide e soprattutto ho spento il cellulare per quasi due ore.
Qualche giorno fa Mari mi ha detto che non le è sembrato molto normale che alle tre di notte, mentre naturalmente si dormiva profondamente, io abbia risposto ad una telefonata non facendo nemmeno terminare il primo squillo. (Esiste, ci avrete fatto caso, un impercettibile ma lungo moto preparatorio che precede il primo squillo, una sorta di fenomenologia dove le radiazioni e le cariche elettromagnetiche precedono l'arrivo della chiamata. Ebbene, questa fase, che nei progetti degli ingegneri della comunicazione mobile sarebbe dovuta restare sommersa, come invisibile per l'utente finale, diventa in realtà, a causa della convivenza forzata con l'apparecchio, empatica alla nostra sensibilità, in irreversibile contatto, quasi inspiegabile, con i nostri terminali nervosi). Dicevo appunto, che dopo aver risposto con voce quantomai pronta, fornivo tre o quattro dati con piglio di certezza, salutavo e senza alcuna esternazione ricadevo sul cuscino. Naturalmente ho subito confermato l'episodio, liquidandolo alla maniera di chi si sente di rispondere per senso del dovere ma anche scocciato del fatto che sia accaduto. Tutto questo in maniera che non vi fossero in lei dubbi sul fatto che io ricordassi perfettamente l'episodio, che in quel momento fossi proprio io, intendo io lucidamente conscio, ad aver risposto e detto delle cose probabilmente sensate, a quell'interlocutore che richiedeva la mia attenzione a quell'ora insolita.
Ecco, oggi ho pensato che una corsa mi avrebbe fatto bene.

martedì 17 febbraio 2009

P.S. - Il miglior posto di Fès


Questa è la recensione del miglior posto dove andare a mangiare a Fès. O meglio, lo è dopo il terzo giorno, quando gli occhi del visitatore non fanno quasi più caso alle modalità di preparazione degli alimenti e alla cura dei particolari estetici. Quando crederete di aver toccato il fondo, ma qualcosa vi dice che non è ancora così, cercate l'insegna di Thami's Restaurant e sedetevi (se c'è posto) ad uno dei pochissimi tavoli (tre, all'occorrenza quattro). Vi farete coccolare da questo gourmet dei bassifondi, re dei topi, poliedrico cuoco dei viandanti, affabile intrattenitore per tutte le estrazioni, untore di gusti, solleticatore di palati polverosi.

Con una gag collaudata vi propone, facendo finta di sbagliarsi, il menù con i prezzi per la gente del luogo, al posto dello stesso identico menù, ma con i prezzi per turisti. Un autentico spasso. Subito vi fa accomodare al tavolo già libero e risistemato con un colpo di straccio (magico e oscuro) dove una malandata candela accesa, vezzo da conoscitore dei cafè de Paris, lascia presagire alle mille ed una prelibatezze.
La freschezza delle pietanze è assicurata dal fatto che non esiste dispensa. Quello che serve arriva dal mercato della strada parallela e se manca qualcosa, se il cliente ha una richiesta particolare, un ragazzo parte con in mano una banconota di Thami e sul tavolo si materializza in un attimo il piccolo lusso della bizzarria.
Anche se ne mangiate ormai da giorni, da non poterne più, Couscous, Tajine, Brochette, Pastilla (questi, e basta, i piatti della cucina marocchina), quelli di Thami vi sembreranno i migliori.
Il rapporto qualità (lasciatemi passare il termine, please) e prezzo (forse tra i più bassi di tutta Fès) è a prova di qualsiasi paragone umano.

Thami's Restaurant
50 Serrajine, Bab (Porta) Boujloud, Fès Medina

Il miglior posto dove mangiare a Fès!


domenica 15 febbraio 2009

Post scriptum - Marrakech


(Piazza Jemaa el-Fna, dal pomeriggio alla notte)

.... e tutto questo si ripete per trecentosessantacinque giorni all'anno.

Spostamenti

Il viaggio da Fès a Marrakech, circa 600 km su un bus del trasporto locale, non è stato scelto e voluto per spirito di avventura o desiderio di penetrazione della realtà locale, non siamo così masochisti. Un disguido con una sedicente promotrice turistica (in Marocco il concetto di organizzazione ha una valenza diversa da quella a noi nota) ha fatto si che salissimo (per fortuna che c'era) su di una spece di carro semovente trasportatore di inquietudine e miseria.


Venerdì

Il giorno di preghiera più importante dei musulmani è un grande giorno di celebrazione per quelli che vivono nella Medina. Mentre nel mondo circostante della Ville Nouvelle, le banche, i negozi, i servizi, rispettano efficientemente gli orari occidentali, all'interno delle vecchie mura i commerci ed i lavori sono quasi completamente fermi: a mezzogiorno tutti sono nelle moschee, poi di nuovo per le strade e nei vicoli, movimenti meno frenetici, aria di festa generale, la solita sorprendente massa. Nei pressi del souk dei venditori di frutta e verdura, uno dei più vivaci e affascinanti, i carretti, i muli e i banchi di legno stracarichi sono riposti più all'interno, altri solamente coperti con tende. Pur con l'inattività, l'aria spettrale generata dalla poca luce che penetra nel quartiere e dalle polveri che si spandono per aria e che hanno il colore dei prodotti esposti, è rimasta alla maniera di sempre.
Siamo seduti lì vicino proprio sulla strada, al tavolo di un ristoro da viandanti, quando tra la folla accalcata un uomo attira la mia attenzione. Cammina al centro della salita, in direzione della porta grande. Il passo è rapido eppure faticoso. Indossa la jellaba, tradizionale tunica con cappuccio, il suo sguardo è verso l'alto, l'espressione è strana, sembra quasi ridere. La manica sinistra è strappata ed il braccio completamente insaguinato è tenuto sollevato da un laccio stretto che lui stesso tiene in tensione avendo afferrato l'altro capo con i denti. Nessuno nella confusione sembra far caso a lui. Lo seguo con lo sguardo. Non appena supera la porta, si inginocchia e lentamente si accascia su un fianco. Solo a quel punto viene notato e subito circondato da un nugolo vociante. Passano più di quindici minuti prima che un'ambulanza dal pessimo aspetto raggiunga la porta Bab Boujlou e arrivi in soccorso di colui che da solo ha avuto la forza di trascinarsi fin lì, uscendo dalla Medina non percorribile da alcun autoveicolo. Tento di avvicinarmi. L'ambulanza riparte e la folla si dilegua. Un gendarme dal piglio autoritario si guarda a lungo intorno, poi ordina ad un ragazzino di pulire la pozza di sangue rimasta a terra. Mentre sta gettando alcuni secchi d'acqua sui lastroni, provo a chiedergli se sa cosa è successo. Scuotendo la testa risponde come stesse parlando un anziano invece che un dodicenne: chi si accosta al vino, dovrebbe sempre conoscere le sue cattive conseguenze. Senza commentare, riprendiamo come tutti il nostro normale passo, in giro per la vecchia Fès, che nel frattempo ha ripreso la sua consueta aria tetra e rassicurante.

venerdì 13 febbraio 2009

Colours




La visita al souk dei tintori vale da sola il viaggio a Fès. La contemplazione del quadro che si apre dalla terrazza che lo sovrasta necessita di un'accurata osservazione per poter cogliere tutti i particolari della scena e tutti gli elementi umani in essa inseriti. L'acquisto dell'oggetto artigianale al termine del percorso non è l'elemosina del turista. E' un gesto che giustifica e da dignità alla cooperativa che permette il lavoro di circa trecento persone, ognuna di queste ogni giorno immersa nel girone nauseabondo, con l'accurata e paziente opera che porta al concretizzarsi di una piccola parte di un così arcaico processo di lavorazione.

Fès



Nelle strade strette ed affollate della medina di Fès abbiamo perso ogni orientamento. Dev'essere accaduto tra il quartiere dei conciatori e quello degli ottonai. O forse tra quello dei venditori di spezie e quello dei tessitori. Usciti dal rumoroso labirinto costruito sopra un colle, ci siamo trovati di fronte un secondo colle con una seconda medina. Simile a quella dalla quale uscivamo ma priva questa di alcun commercio, solo case al grezzo e antenne paraboliche. Tra le due un enorme andirivieni e sul ciglio del grande colle dormitorio, un'allungata folla seduta ad aspettare il tramonto: l'Africa.

giovedì 12 febbraio 2009

Train de vie




Il viaggio in seconda classe da Marrakech alla capitale è un piacevole susseguirsi di paesaggi e di ragionamenti multilingua. La campagna è verde ma ha un aspetto dimenticato. Le proprietà rurali contano cinque o sei vacche, un piccolo gregge di pecore scure, almeno un mulo, vero portento della natura pre meccanizzazione. In ognuna delle basse e nude costruzioni fangose, molto distanti tra loro, vive una famiglia fatta di molti bambini. Per ognuna c'è di sicuro una storia incredibile, favola e superstizione, miseria e staticità.

Le periferie sono incomplete e polverose, le città sul mare sembrano tante occasioni mancate. Rabat indossa giacca e cravatta, anche dopo cena. Ha l'aria di chi ha cose molto importanti da fare, e bada poco ai forestieri. Eppure anche nella sua medina, il salto nel tempo magicamente si realizza non appena se ne varcano le porte a sesto acuto.

Con Hicham, che è salito con noi stamattina, si è parlato di molte cose marocchine. Fa l'insegnante di arabo e francese, è giovane e sorridente. Dice di non avere alcuna intenzione di andare a vivere in Europa. Secondo lui la vera conquista futura dovrà essere l'alfabetizzazione. Poi può anche arrivare il resto. Sfoggia ottimismo ma alle domande più critiche risponde realisticamente. Scende dopo un paio d'ore e lo salutiamo calorosamente. Spero che anche lui abbia cose molto importanti da fare.




mercoledì 11 febbraio 2009

More than one




Il secondo giorno a Marrakech ci è servito a cogliere gli aspetti a prima vista più incomprensibili della vita nella Medina. Ciò che ieri ci sembrava solo assurdo, questa sera, pur continuando a non avere acuna spiegazione razionale, ci appare almeno più divertente. La vita in strada è tutto il mondo emerso conosciuto. il contatto fisico con gli altri è la linfa di vitale, qualcosa dalla quale noi da tempo abbiamo preso una certa diffidente distanza. Ci riflettevo proprio stamattina, poco dopo essermi spogliato di fronte al mio accompagnatore che mi seguiva con la cesta degli asciugamani puliti, poco prima di iniziare a farmi cospargere il corpo ed i capelli con unguenti misteriosi e subire il massaggio vigoroso di un uomo vestito con un asciugamano al bacino, e proprio mentre dentro la stanza del vapore, scambiando poche parole con un turista inglese, scoprivo un qualcosa di assai meno misterioso che mi accomunava a lui: la moglie entusiasta lo aveva trascinato dentro un hammam per essere sottoposto al tradizionale trattamento settimanale.

lunedì 9 febbraio 2009

Marrakech



L'impatto con il Marocco parte dalla sua faccia tutt'altro che moderna: Marrakech. Impatto è uno dei termini che subito mi è balzato alla mente stamattina quando siamo stati catapultati nella medina, nella sua incredibile piazza Jemaa e nei vicoli del suo sconfinato souk. L'immagine che mi mancava a definire meglio la vita nella città vecchia mi è arrivata nel pomeriggio, dopo le 17.00, quando la folla si riversa ovunque e le quotidiane attività umane accellerano raggiungendo velocità frenetiche. Delirio e normalità: il più grande e operoso formicaio fatto da uomini. Mi ha aiutato il fatto che dopo le recenti piogge le vie urbane sono in buona parte sommerse di fango, tratti del pavé sono crollati portando alla luce un terrificante e profondo sistema fognario. Nelle strade strette i muli, le biciclette ed i motorini seguono un sistema di direzione che solo la telepatia permette di non mandare in tilt. Anche i pedoni riconoscono quegli impulsi e quando una carrozza a due cavalli arabi sembra lanciata contro un nugolo di bambini, in una frazione il gruppo di uomini e donne si muove impercettibilmente, lascia infilare le biciclette dei pargoli, gli zoccoli sembrano sfiorare le scarpe dei turisti sconvolti e dietro gli improbabili motocicli sprigionano le loro esalazioni, nubi, di miscela grassa fatta in casa.
Tutto è commercio. Tutto è esposizione maniacale di merce dalla più rurale alla più inutile. La disposizione dei colori delle spezie, delle verdure, della carne e del pesce, è una imponente scala cromativa compositiva.
La vita dei venditori, dei cantastorie, dei lustrascarpe, degli ammaestratori di scimmie e di serpenti, di quelli seduti immobili ventiquattrore e di quelli che camminano avanti e indietro di continuo, trova pace solo dopo le ventitre.
Rientrati in albergo, semplicemente in disfacimento fisico e mentale, non possiamo non pensare che quello che abbimo vissuto oggi, domani, così come tutti i giorni dell'anno solare, immancabilmente, ricomincerà.

domenica 8 febbraio 2009

Bags



La notizia annunciata su qualche telegiornale circa un'inaspettata nevicata in Marocco ha causato panico nella mia puntigliosa compilazione della lista di cose da portare via: proprio mentre ero in terribile difficoltà nell'organizzazione del nuovo tipo di bagaglio che abbiamo scelto per questo viaggio. Riempire uno zaino da trekking è ben diverso dal predisporre il classico trolley a ruote. Gli oggetti vanno impilati, gli indumenti non vengono piegati ma arrotolati; il necessario deve essere a portata di mano, il superfluo invece, se non lasciato a casa, rischia di restare invischiato e centrifugato dentro il tecnicissimo sacco contenitore. Stavolta è la mia schematica organizzazione mentale a rischiare di più. So che ce la farò, a costo di farlo e rifarlo all'infinito, e finalmente al momento della partenza (ahimé a notte fonda), uscendo dal portone di casa a zaino in spalla, l'effetto di stupore e di stimolata avventura che provocherò nelle facce dei passanti (al massimo qualche operatore del servizio lavaggio strade) ripagherà tutti i miei incommensurabili sforzi.

sabato 31 gennaio 2009

Screenplay


Da quando scrivo in questo spazio difendo caparbiamente la necessità di raccontare quegli accadimenti che definisco, solo per convenzione, appartenenti al mondo reale. Pur non emarginando mai la realtà tecnologica, della quale sono un discreto appassionato, trovo di gran lunga più incredibili le sorprendenti sceneggiature degli episodi più comuni, quando mettono in esecuzione i ritmi e le sincronie che sfiorano la perfezione dei tempi cinematografici.

L'altro giorno ero entrato per caso, e ahimé pericolosamente, in un negozio di articoli sportivi. Volevo lustrare lo sguardo con alcuni modelli di scarpe da trail e da running. Solo un'occhiata, non era mia intenzione acquistare alcunché. Quel giorno però non era un semplice figurante ad intrerpretare il ruolo del venditore perfetto, bensì un grande maestro del genere. Non ho avuto scampo e il mattatore ha vinto agevolmente in poco più di quattro mosse.
Ancora oggi con Mari, che ha assistito paziente a tutta la rappresentazione, è in atto una diatriba su quale sia il punto esatto della commedia nella quale si è deciso il finale della storia.

venditore: (si aggira discretamente nelle vicinanze fingendo di controllare gli scomparti con aria distratta)
io: (dopo una lungo indugiare) bla.. bla... bla...
venditore: buongiorno a lei, se posso dare anche un piccolo suggerimento, non ha che da chiedere.
io: bla.. bla.. bla..
venditore: (la sua espressione si fa improvvisamente più seria) Credo di aver capito quale è la sua esigenza, ma ho bisogno di qualche dato in più. Mi dica, quale modello sta usando attualmente?
io: bla.. bla.. bla..
venditore: (non proferisce parola ma fa un eloquente cenno di intendimento senza omettere un chiaro segno di approvazione)
io: (il mio sguardo non riesce a celare l'effetto di un infantile compiacimento)
venditore: mi aspetti qui un'attimo, credo di avere quello che fa al suo caso. (così dicendo scompare nel retro dell'esercizio per tornare poco dopo con in mano due scatole. La solennità con la quale le poggia e ne toglie il coperchio lascia intendere che volutamente erano state sottratte dal grande espositore perchè non tutti gli avventori del negozio erano degni di ammirarle gratuitamente)
io: (come inconsciamente indotto, mi siedo nell'apposita panca imbottita)
venditore: (sciorinando una descrizione semplificata che non omette però un paio di termini altamente tecnici) le provi tutte e due, alternate sui due piedi, poi al contrario invertendole e infine un paio alla volta. Si prenda tutto il tempo che vuole.
io: (dopo una infinita, ma goduriosa, serie di calzate, balzi e ammortizzate sulle punte dei piedi) ...bla.. bla... bla...
venditore: lo immaginavo, non ho voluto dirglielo per non influenzarla Mi dica, lei corre con qualche gruppo sportivo?
io: (ormai in suo completo potere) bla.. bla.. bla...
venditore: bene, in questo caso ha diritto ad un 15% di sconto. Si sa che per chi corre davvero, la scarpa necessita una sostituzione ogni 10-12 mesi.
io: (con fare da automa) bla.. bla.. bla..
venditore: grazie e a presto, si accomodi pure alla cassa e torni a trovarci quando vuole (pronunciando le parole mi stringe la mano usando anche la sinistra, che sovrappone con energia alle due destre mentre queste oscillano).

Titoli di coda.

domenica 25 gennaio 2009

Esperimenti

E' sempre difficile risolversi ad uscire di casa presto la domenica mattina per correre nella stagione invernale. Lo è ancor di più dopo una serata conviviale, a metà tra bacco e pantagruel. L'unico giorno di riposo deve consentire la giusta dose di ozio, non è una resa ignomignosa, dopotutto è la prima volta che la mia forza di volontà sta cedendo, suvvia, la nebbia e l'umidità che scorgo dalla finestra sono troppo, troppo minacciose. No, non ce la faccio proprio, ma voglio salvare comunque l'onore con un esperimento che non mi farà sentire troppo in colpa: tapis roulant, tenuta da running, occhiali ad impulsi memovettoriali a scansione oculare (li ho acquistati su internet da Osaka) collegati al mio palmare via usb e con gli auricolari in dotazione nelle orecchie. Imposto le pendenza, unizio a correre facendo girare il rullo e faccio partire anche la mia immaginazione. L'ambiente nel quale fingo di trovarmi viene trasmesso attraverso la periferica al dipositivo di registrazione video, i suoni precampionati vengono interpretati dalla portentosa macchina e ritrasmessi nelle cuffie. Incredibilmente realistico, qualsiasi impresa è ora possibile, non ho bisogno del mondo esterno, tutto senza più uscire di casa, senza muovermi dal mio piccolo e accogliente appartamento. Ora che ci penso, talmente piccolo che non ha mai potuto contenere un tapis, era per questo che non ne ho mai acquistato uno. Che il mio aggeggio elettronico abbia virtualizzato anche quello? Mi sento un po' confuso. Stanco e confuso nei ricordi. Che cosa è stato reale oggi per esempio? Al momento non sapei dirlo, forse non mi sento molto bene. Che fortuna non essere usciti di casa stamattina.


venerdì 16 gennaio 2009

Che sarà



Palasport di Casale Monferrato, ore 20.30. Accediamo alla struttura col nostro biglietto di fascia intermedia, primo anello, pagato 25 euro in prevendita, più o meno il prezzo di una cena in pizzeria. Dopo circa mezz’ora il grosso dell’afflusso è terminato. Non è gremito, rimangono diversi posti liberi anche nella platea, potremmo spostarci ma non lo facciamo, qui si vede benissimo e poi c’è il maxi schermo che già proietta l’immagine logo e il nome del tour: Delirio.
L’ultimo spettacolo itinerante di Beppe Grillo al quale ho assistito risale al 1994. Sul palco c’era un grande tavolo sopra il quale erano sistemati moltissimi prodotti di uso quotidiano: detersivi, dentifrici, alimentari, tutti generati e pubblicizzati da multinazionali senza scrupoli. Il mattatore rivelava le verità dalle quali eravamo scientemente tenuti all’oscuro in barba a tutti i nostri diritti. L'effetto finale era notevole ma una volta tornati a casa e smaltito lo sdegno del momento, si continuava a giustificare la comoda pigrizia di una realtà eccessivamente consumistica.
Dopo 15 anni il livello è decisamente salito. Il piano adesso riguarda un modello di società diverso alla quale aspirare e Grillo si fa interprete rivoluzionario di una nuova visione del modo di vivere. Nonostante quello che dica sia di gran lunga avanti rispetto ai tempi, egli rientra molto onorevolmente in una filosofia che non è più così di nicchia, e della quale sono interpreti scrittori alla Jeremy Rifkin e anche uomini di potere, come Obama, nato anche grazie alla potenza della rete, neo giunto e già alle prese con decisive scelte politiche ad impronta etica.
In un futuribile tempo a venire, quando il petrolio non detterà più le regole della meccanica e della fisica e quando la civiltà potrà veramente dirsi società dell'informazione per tutti, forse Grillo sarà ricordato, e inevitabilmente anche archiviato, come il profeta italiano di quel nuovo capitolo della storia. Forse. Chi può dirlo.
Ore 23.45, lo show è terminato, definirlo spettacolo comico è riduttivo ma non mi viene in mente altra definizione: la leggerezza è arte sopraffina e spesso la caratteristica più efficacie dell'esercizio comunicativo. Con pochi commenti ci accodiamo alla folla che defluisce. Sulla maggior parte delle facce mi sembra di notare una espressione più intelligente di quella mostrata all'ingresso, o magari è solo un caso. Chissà se i più avrebbero preferito la serata in pizzeria. Di sicuro quella non avrebbe lasciato il buco nello stomaco che sento adesso. Sarà fame oppure quel sintomo d'inquietudine di chi prende consapevolezza della propria condizione di ignoranza?

domenica 11 gennaio 2009

Do It Yourself

Mi è capitato di imbattermi in un programma televisivo (MTV - Il Testimone) dove l'ideatore-protagonista è il reporter di storie poco comuni, situazioni paradossali o personaggi della commedia umana. Si muove da solo in giro per il mondo, unicamente con l'ausilio tecnico di una telecamera che lui stesso utilizza in presa diretta. Il resto lo fa il montaggio, l'uso della voce di commento fuoricampo e, naturalmente, le idee. Oltre a provare una certa invidia, sono rimasto colpito dall'efficacie originalità della tecnica di ripresa. L'effetto è semplice e geniale. Non ho aspettato un attimo a metterla in pratica anch'io, per raccontare la passeggiata di ieri a Torino. Certo devo esercitarmi ancora un bel po', ma penso di farne grande uso nei miei prossimi reportage fatti in casa.