domenica 13 settembre 2009

Il Giro del Morto



In una serata di tardo autunno di molti anni fa alcuni amici stavano correndo sulle colline appena fuori da Alessandria. A parte le villette dalle alte inferriate e le cascine ristrutturate con cani da guardia e piscina, la campagna che attraversavano non doveva essere molto diversa da come si presenta adesso. I freschi sentieri che costeggiano i campi arati lambiscono il bosco quercioso; poi si insinuano nella macchia, diventano improvvisamente ripidi e ancora scoscesi appena dietro una curva. Il notevole dislivello e la vegetazione carica di umido fanno illudere che ci si trovi in un luogo diverso della modesta collinetta poco lontana da una città stesa su di una pianura senza fronzoli, a poche decine di metri sopra il livello del mare.
La nebbia doveva aver assunto, con l'affievolimento della luce del giorno, una consistenza maggiore che forse attutiva persino il rumore dei passi incalcati uno dopo l'altro sullo spesso tappeto di grandi foglie tostate. Non c'erano altri suoni se non gli affanni, pesanti e ritmici, dei quattro. Uno di loro, quello più avanti, scorgeva nella radura qualcosa di scuro, di forma allungata, uno strano fagotto di certo fuori posto. Il suo passo rallentava in modo involontario e impercettibile. L'ombra informe dalla quale il suo sguardo non riusciva a staccarsi prendeva, in pochi secondi, le forme di un uomo grevemente vestito e steso per terra in modo disarmonico. Il suo sussulto spezzava il respiro cadenzato e faceva alzare la testa, appena intorpidita, di tutti gli altri. Le parole, più che altro spezzoni di frasi mal calibrate a causa del fiatone, impiegavano un po' ad uscire. La tensione dei pensieri e dei muscoli cardiaci che continuavano a correre mentre tutti si erano fermati, lasciava un'atmosfera sospesa e quasi irreale. Si stringevano ed indugiavano, poi, destandosi nella forza del gruppo, si avvicinano all'erba alta oltre il primo solco che arginava la stradina.
Da quel momento le mosse, i pensieri ed i commenti prendono forme diverse in base a come l'episodio, pur se di poco conto, è stato più volte raccontato negli anni a venire, facendo rielaborare e deformare i ricordi di quella sera. Anche lo spaventapasseri, trascinato a terra da una folata o da una tempesta, vestito di panno nero o di velluto, con cappello a larga tesa oppure con la testa avvolta in una sciarpa di lana grezza, sembra sia sparito la mattina successiva, mai più ricollocato in quella parte di campagna e mai più sentito nominare dai contadini della zona. Allontanatosi, probabilmente, a causa di qualche altro strano evento naturale, tra la foschia penetrante di queste piccole ma enigmatiche colline, appena fuori dalla città.

Questa la mia elaborazione di un aneddoto che questa stamattina uno degli organizzatori storici della gara podistica "Giro del Morto", al quale avevamo chiesto l'origine del nome della corsa, ci ha gentilmente raccontato.

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