sabato 5 settembre 2009

De profundis


Caro Amico lontano,
mentre ti scrivo vedo sullo sfondo i colori dorati, a tratti polverosi, della campagna viterbese sul finire di questa caldissima stagione. Sono nove giorni che siamo nascosti nel nostro nuovo rifugio agreste. Volevamo scoprire se il contatto quotidiano con la natura poteva attagliarsi alle esigenze e alle abitudini di vita che negli anni abbiamo artificialmente acquisito; se questo può essere il luogo dove un giorno vivere serenamente insieme a valori recuperati dal passato o se resterà un pittoresco "buen retiro", una fuga momentanea dalla frenesia, il posto dove meditare, scrivere pensieri o rimanere seduti sull'erba immersi nelle pagine di un libro. E proprio la lettura, il riposo, poche parole tra intimi, sono le nostre occupazioni attuali. Non abbiamo televisione, nemmeno la radio, con la quale ero abituato a convivere morbosamente, non si sfogliano quotidiani da giorni. Tutto, intorno a noi, sembra essersi calibrato in modo da scorrere il più lentamente possibile. Ma questo travolgente e immoto susseguirsi del tempo si interromperà, brutalmente, domani col nostro rientro in città. Lunedì le facce delle persone, gli spostamenti già segnati, i gesti scanditi e le frasi sempre uguali torneranno a far parte del nostro mondo conosciuto, lasciando solo pochi e fuggenti istanti per chiedersi che cosa ha un senso e che cosa no.
Un rapido cambiamento del cielo ha ora portato un temporale rumoroso ed una pioggia che pare arrivare da secchi con grandi buchi. Era il segnale che attendevo. Ora son certo che da domani, insieme alle cose più monotone, torneranno anche le certezze che ci rassicurano, le piccole solidità conquistate nel tempo, le poche persone fidate con le quali centellinare intesa e condividere fragilità.
Tutto questo, son certo, sarà il senso anche del tuo rientro che attendo, pertanto, con impaziente ed irrequieta noncuranza.

1 commenti:

Anonimo ha detto...

aaaa