martedì 17 febbraio 2009

P.S. - Il miglior posto di Fès


Questa è la recensione del miglior posto dove andare a mangiare a Fès. O meglio, lo è dopo il terzo giorno, quando gli occhi del visitatore non fanno quasi più caso alle modalità di preparazione degli alimenti e alla cura dei particolari estetici. Quando crederete di aver toccato il fondo, ma qualcosa vi dice che non è ancora così, cercate l'insegna di Thami's Restaurant e sedetevi (se c'è posto) ad uno dei pochissimi tavoli (tre, all'occorrenza quattro). Vi farete coccolare da questo gourmet dei bassifondi, re dei topi, poliedrico cuoco dei viandanti, affabile intrattenitore per tutte le estrazioni, untore di gusti, solleticatore di palati polverosi.

Con una gag collaudata vi propone, facendo finta di sbagliarsi, il menù con i prezzi per la gente del luogo, al posto dello stesso identico menù, ma con i prezzi per turisti. Un autentico spasso. Subito vi fa accomodare al tavolo già libero e risistemato con un colpo di straccio (magico e oscuro) dove una malandata candela accesa, vezzo da conoscitore dei cafè de Paris, lascia presagire alle mille ed una prelibatezze.
La freschezza delle pietanze è assicurata dal fatto che non esiste dispensa. Quello che serve arriva dal mercato della strada parallela e se manca qualcosa, se il cliente ha una richiesta particolare, un ragazzo parte con in mano una banconota di Thami e sul tavolo si materializza in un attimo il piccolo lusso della bizzarria.
Anche se ne mangiate ormai da giorni, da non poterne più, Couscous, Tajine, Brochette, Pastilla (questi, e basta, i piatti della cucina marocchina), quelli di Thami vi sembreranno i migliori.
Il rapporto qualità (lasciatemi passare il termine, please) e prezzo (forse tra i più bassi di tutta Fès) è a prova di qualsiasi paragone umano.

Thami's Restaurant
50 Serrajine, Bab (Porta) Boujloud, Fès Medina

Il miglior posto dove mangiare a Fès!


domenica 15 febbraio 2009

Post scriptum - Marrakech


(Piazza Jemaa el-Fna, dal pomeriggio alla notte)

.... e tutto questo si ripete per trecentosessantacinque giorni all'anno.

Spostamenti

Il viaggio da Fès a Marrakech, circa 600 km su un bus del trasporto locale, non è stato scelto e voluto per spirito di avventura o desiderio di penetrazione della realtà locale, non siamo così masochisti. Un disguido con una sedicente promotrice turistica (in Marocco il concetto di organizzazione ha una valenza diversa da quella a noi nota) ha fatto si che salissimo (per fortuna che c'era) su di una spece di carro semovente trasportatore di inquietudine e miseria.


Venerdì

Il giorno di preghiera più importante dei musulmani è un grande giorno di celebrazione per quelli che vivono nella Medina. Mentre nel mondo circostante della Ville Nouvelle, le banche, i negozi, i servizi, rispettano efficientemente gli orari occidentali, all'interno delle vecchie mura i commerci ed i lavori sono quasi completamente fermi: a mezzogiorno tutti sono nelle moschee, poi di nuovo per le strade e nei vicoli, movimenti meno frenetici, aria di festa generale, la solita sorprendente massa. Nei pressi del souk dei venditori di frutta e verdura, uno dei più vivaci e affascinanti, i carretti, i muli e i banchi di legno stracarichi sono riposti più all'interno, altri solamente coperti con tende. Pur con l'inattività, l'aria spettrale generata dalla poca luce che penetra nel quartiere e dalle polveri che si spandono per aria e che hanno il colore dei prodotti esposti, è rimasta alla maniera di sempre.
Siamo seduti lì vicino proprio sulla strada, al tavolo di un ristoro da viandanti, quando tra la folla accalcata un uomo attira la mia attenzione. Cammina al centro della salita, in direzione della porta grande. Il passo è rapido eppure faticoso. Indossa la jellaba, tradizionale tunica con cappuccio, il suo sguardo è verso l'alto, l'espressione è strana, sembra quasi ridere. La manica sinistra è strappata ed il braccio completamente insaguinato è tenuto sollevato da un laccio stretto che lui stesso tiene in tensione avendo afferrato l'altro capo con i denti. Nessuno nella confusione sembra far caso a lui. Lo seguo con lo sguardo. Non appena supera la porta, si inginocchia e lentamente si accascia su un fianco. Solo a quel punto viene notato e subito circondato da un nugolo vociante. Passano più di quindici minuti prima che un'ambulanza dal pessimo aspetto raggiunga la porta Bab Boujlou e arrivi in soccorso di colui che da solo ha avuto la forza di trascinarsi fin lì, uscendo dalla Medina non percorribile da alcun autoveicolo. Tento di avvicinarmi. L'ambulanza riparte e la folla si dilegua. Un gendarme dal piglio autoritario si guarda a lungo intorno, poi ordina ad un ragazzino di pulire la pozza di sangue rimasta a terra. Mentre sta gettando alcuni secchi d'acqua sui lastroni, provo a chiedergli se sa cosa è successo. Scuotendo la testa risponde come stesse parlando un anziano invece che un dodicenne: chi si accosta al vino, dovrebbe sempre conoscere le sue cattive conseguenze. Senza commentare, riprendiamo come tutti il nostro normale passo, in giro per la vecchia Fès, che nel frattempo ha ripreso la sua consueta aria tetra e rassicurante.

venerdì 13 febbraio 2009

Colours




La visita al souk dei tintori vale da sola il viaggio a Fès. La contemplazione del quadro che si apre dalla terrazza che lo sovrasta necessita di un'accurata osservazione per poter cogliere tutti i particolari della scena e tutti gli elementi umani in essa inseriti. L'acquisto dell'oggetto artigianale al termine del percorso non è l'elemosina del turista. E' un gesto che giustifica e da dignità alla cooperativa che permette il lavoro di circa trecento persone, ognuna di queste ogni giorno immersa nel girone nauseabondo, con l'accurata e paziente opera che porta al concretizzarsi di una piccola parte di un così arcaico processo di lavorazione.

Fès



Nelle strade strette ed affollate della medina di Fès abbiamo perso ogni orientamento. Dev'essere accaduto tra il quartiere dei conciatori e quello degli ottonai. O forse tra quello dei venditori di spezie e quello dei tessitori. Usciti dal rumoroso labirinto costruito sopra un colle, ci siamo trovati di fronte un secondo colle con una seconda medina. Simile a quella dalla quale uscivamo ma priva questa di alcun commercio, solo case al grezzo e antenne paraboliche. Tra le due un enorme andirivieni e sul ciglio del grande colle dormitorio, un'allungata folla seduta ad aspettare il tramonto: l'Africa.

giovedì 12 febbraio 2009

Train de vie




Il viaggio in seconda classe da Marrakech alla capitale è un piacevole susseguirsi di paesaggi e di ragionamenti multilingua. La campagna è verde ma ha un aspetto dimenticato. Le proprietà rurali contano cinque o sei vacche, un piccolo gregge di pecore scure, almeno un mulo, vero portento della natura pre meccanizzazione. In ognuna delle basse e nude costruzioni fangose, molto distanti tra loro, vive una famiglia fatta di molti bambini. Per ognuna c'è di sicuro una storia incredibile, favola e superstizione, miseria e staticità.

Le periferie sono incomplete e polverose, le città sul mare sembrano tante occasioni mancate. Rabat indossa giacca e cravatta, anche dopo cena. Ha l'aria di chi ha cose molto importanti da fare, e bada poco ai forestieri. Eppure anche nella sua medina, il salto nel tempo magicamente si realizza non appena se ne varcano le porte a sesto acuto.

Con Hicham, che è salito con noi stamattina, si è parlato di molte cose marocchine. Fa l'insegnante di arabo e francese, è giovane e sorridente. Dice di non avere alcuna intenzione di andare a vivere in Europa. Secondo lui la vera conquista futura dovrà essere l'alfabetizzazione. Poi può anche arrivare il resto. Sfoggia ottimismo ma alle domande più critiche risponde realisticamente. Scende dopo un paio d'ore e lo salutiamo calorosamente. Spero che anche lui abbia cose molto importanti da fare.




mercoledì 11 febbraio 2009

More than one




Il secondo giorno a Marrakech ci è servito a cogliere gli aspetti a prima vista più incomprensibili della vita nella Medina. Ciò che ieri ci sembrava solo assurdo, questa sera, pur continuando a non avere acuna spiegazione razionale, ci appare almeno più divertente. La vita in strada è tutto il mondo emerso conosciuto. il contatto fisico con gli altri è la linfa di vitale, qualcosa dalla quale noi da tempo abbiamo preso una certa diffidente distanza. Ci riflettevo proprio stamattina, poco dopo essermi spogliato di fronte al mio accompagnatore che mi seguiva con la cesta degli asciugamani puliti, poco prima di iniziare a farmi cospargere il corpo ed i capelli con unguenti misteriosi e subire il massaggio vigoroso di un uomo vestito con un asciugamano al bacino, e proprio mentre dentro la stanza del vapore, scambiando poche parole con un turista inglese, scoprivo un qualcosa di assai meno misterioso che mi accomunava a lui: la moglie entusiasta lo aveva trascinato dentro un hammam per essere sottoposto al tradizionale trattamento settimanale.

lunedì 9 febbraio 2009

Marrakech



L'impatto con il Marocco parte dalla sua faccia tutt'altro che moderna: Marrakech. Impatto è uno dei termini che subito mi è balzato alla mente stamattina quando siamo stati catapultati nella medina, nella sua incredibile piazza Jemaa e nei vicoli del suo sconfinato souk. L'immagine che mi mancava a definire meglio la vita nella città vecchia mi è arrivata nel pomeriggio, dopo le 17.00, quando la folla si riversa ovunque e le quotidiane attività umane accellerano raggiungendo velocità frenetiche. Delirio e normalità: il più grande e operoso formicaio fatto da uomini. Mi ha aiutato il fatto che dopo le recenti piogge le vie urbane sono in buona parte sommerse di fango, tratti del pavé sono crollati portando alla luce un terrificante e profondo sistema fognario. Nelle strade strette i muli, le biciclette ed i motorini seguono un sistema di direzione che solo la telepatia permette di non mandare in tilt. Anche i pedoni riconoscono quegli impulsi e quando una carrozza a due cavalli arabi sembra lanciata contro un nugolo di bambini, in una frazione il gruppo di uomini e donne si muove impercettibilmente, lascia infilare le biciclette dei pargoli, gli zoccoli sembrano sfiorare le scarpe dei turisti sconvolti e dietro gli improbabili motocicli sprigionano le loro esalazioni, nubi, di miscela grassa fatta in casa.
Tutto è commercio. Tutto è esposizione maniacale di merce dalla più rurale alla più inutile. La disposizione dei colori delle spezie, delle verdure, della carne e del pesce, è una imponente scala cromativa compositiva.
La vita dei venditori, dei cantastorie, dei lustrascarpe, degli ammaestratori di scimmie e di serpenti, di quelli seduti immobili ventiquattrore e di quelli che camminano avanti e indietro di continuo, trova pace solo dopo le ventitre.
Rientrati in albergo, semplicemente in disfacimento fisico e mentale, non possiamo non pensare che quello che abbimo vissuto oggi, domani, così come tutti i giorni dell'anno solare, immancabilmente, ricomincerà.

domenica 8 febbraio 2009

Bags



La notizia annunciata su qualche telegiornale circa un'inaspettata nevicata in Marocco ha causato panico nella mia puntigliosa compilazione della lista di cose da portare via: proprio mentre ero in terribile difficoltà nell'organizzazione del nuovo tipo di bagaglio che abbiamo scelto per questo viaggio. Riempire uno zaino da trekking è ben diverso dal predisporre il classico trolley a ruote. Gli oggetti vanno impilati, gli indumenti non vengono piegati ma arrotolati; il necessario deve essere a portata di mano, il superfluo invece, se non lasciato a casa, rischia di restare invischiato e centrifugato dentro il tecnicissimo sacco contenitore. Stavolta è la mia schematica organizzazione mentale a rischiare di più. So che ce la farò, a costo di farlo e rifarlo all'infinito, e finalmente al momento della partenza (ahimé a notte fonda), uscendo dal portone di casa a zaino in spalla, l'effetto di stupore e di stimolata avventura che provocherò nelle facce dei passanti (al massimo qualche operatore del servizio lavaggio strade) ripagherà tutti i miei incommensurabili sforzi.