domenica 15 febbraio 2009

Venerdì

Il giorno di preghiera più importante dei musulmani è un grande giorno di celebrazione per quelli che vivono nella Medina. Mentre nel mondo circostante della Ville Nouvelle, le banche, i negozi, i servizi, rispettano efficientemente gli orari occidentali, all'interno delle vecchie mura i commerci ed i lavori sono quasi completamente fermi: a mezzogiorno tutti sono nelle moschee, poi di nuovo per le strade e nei vicoli, movimenti meno frenetici, aria di festa generale, la solita sorprendente massa. Nei pressi del souk dei venditori di frutta e verdura, uno dei più vivaci e affascinanti, i carretti, i muli e i banchi di legno stracarichi sono riposti più all'interno, altri solamente coperti con tende. Pur con l'inattività, l'aria spettrale generata dalla poca luce che penetra nel quartiere e dalle polveri che si spandono per aria e che hanno il colore dei prodotti esposti, è rimasta alla maniera di sempre.
Siamo seduti lì vicino proprio sulla strada, al tavolo di un ristoro da viandanti, quando tra la folla accalcata un uomo attira la mia attenzione. Cammina al centro della salita, in direzione della porta grande. Il passo è rapido eppure faticoso. Indossa la jellaba, tradizionale tunica con cappuccio, il suo sguardo è verso l'alto, l'espressione è strana, sembra quasi ridere. La manica sinistra è strappata ed il braccio completamente insaguinato è tenuto sollevato da un laccio stretto che lui stesso tiene in tensione avendo afferrato l'altro capo con i denti. Nessuno nella confusione sembra far caso a lui. Lo seguo con lo sguardo. Non appena supera la porta, si inginocchia e lentamente si accascia su un fianco. Solo a quel punto viene notato e subito circondato da un nugolo vociante. Passano più di quindici minuti prima che un'ambulanza dal pessimo aspetto raggiunga la porta Bab Boujlou e arrivi in soccorso di colui che da solo ha avuto la forza di trascinarsi fin lì, uscendo dalla Medina non percorribile da alcun autoveicolo. Tento di avvicinarmi. L'ambulanza riparte e la folla si dilegua. Un gendarme dal piglio autoritario si guarda a lungo intorno, poi ordina ad un ragazzino di pulire la pozza di sangue rimasta a terra. Mentre sta gettando alcuni secchi d'acqua sui lastroni, provo a chiedergli se sa cosa è successo. Scuotendo la testa risponde come stesse parlando un anziano invece che un dodicenne: chi si accosta al vino, dovrebbe sempre conoscere le sue cattive conseguenze. Senza commentare, riprendiamo come tutti il nostro normale passo, in giro per la vecchia Fès, che nel frattempo ha ripreso la sua consueta aria tetra e rassicurante.

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