venerdì 7 ottobre 2011

In my shoes

Eccole: immacolate e brillanti, col profumo di plastica e gomma di buona qualità, con il fondo ancora lucido, tutte le scritte stampate in modo intenso, il laccio bianco candido e gli inserti colorati in evidenza, la forma e la silhouette intatte. Sono appena arrivate a casa e si apprestano a sostituire le vecchie gloriose scarpe da running che saranno costrette ad uscire e abbandonare il tetto che per quasi due anni le ha custodite. Da tempo mi sono imposto di evitare l'accumulo di oggetti non propriamente necessari. Quelli che dici "ma non si sa mai, possono sempre tornare utili", o "magari un giorno li vai a ricercare", oppure "poi qualcuno ne ha bisogno e te li chiede",  "teniamoli lì di riserva" e così via. Niente di tutto questo, prima ancora di riflettere sulle ipotesi di una futura utilità me ne libero in modo irreversibile. Non mi affeziono mai alle cose materiali e questo rende facile il distacco. Per questo paio di scarpe però è diverso e provo un piccolo fastidio ad abbandonarle al loro destino di rottame. Mi hanno assistito in un sacco di corse sofferenti, calzarle ed allacciarle con cura è stato il piccolo rito propiziatorio prima di ogni gara, riporle nello scaffale del buio ripostiglio un modo per farle riposare dopo lo sforzo sperando di ritrovarle più cariche al successivo. Si, per la scarpa è diverso. Vale un po' di più delle altre cose di cui ci circondiamo. In inglese si dice "nelle sue scarpe" per dire di stare al posto di qual'un altro; "la salute e un paio di scarpe nuove" è un proverbio che ricorda l'essenziale che dovrebbe stare davvero a cuore.
Forse imbustandole per l'indifferenziata farò finta di dimenticarmele in qualche angolo oppure appoggerò anche queste fuori dal portone aspettando che il solito misterioso passante le porti via soddisfatto. Le mie scarpe vecchie, disfatte ed impolverate, mi chiedono mestamente di poter continuare a dire la loro.

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