martedì 13 settembre 2011

Asilo republic

Sono le otto di mattina e fa già caldo. E’ quasi la metà di settembre e l’estate si trastulla in maniera adorabile. Accompagno il piccolo al suo secondo giorno di nido. Lo hanno assegnato ad un asilo in centro, quindici minuti a piedi cercando di percorrere le strade meno trafficate. Più avanti proveremo ad andarci in bicicletta, sarà divertente imbacuccarlo a dovere per coprirlo dal freddo, caricarlo dietro nel suo bel seggiolino tecnico, allacciargli le cinture ed il caschetto in tinta con il telaio. A me e a David non piace il caos delle auto in sosta selvaggia davanti alle scuole all’orario di ingresso e uscita, i SUV a motore acceso, i clacson. Anzi, in centro le automobili non ci piacciono per nulla, nemmeno quelle piccole, o quelle con l’autorizzazione del Comune sopra al cruscotto, o quelle che scaricano solo e poi ripartono subito, o quei furgoni così grandi che consegnano continuamente pacchetti così piccoli. Adoriamo vivere in centro ma non amiamo le auto e il veleno che queste ci fanno respirare.
Sono davvero due concetti incompatibili tra di loro?
Comunque andare al nido lo diverte, si troverà bene, fa già dei sorrisi enormi quando intravede le nuove maestre. Il servizio naturalmente è a pagamento e la quota è stabilita in base al reddito. Infatti, sempre in mattinata, mi presento in Comune per ritirare il bollettino di pagamento della retta. Davanti a me c’è la mamma di una bimba che va nello stesso nido. E’ straniera, il fazzoletto le copre il capo e si ricompone elegantemente alla base del suo giovane volto, dove mostra sempre un sorriso compito. Nell’ufficio non c’è molta privacy, l’ambiente è piuttosto familiare, succede nelle città di provincia. Per questo mi capita di ascoltare quello che l’impiegata dice alla ragazza. E’ veloce e subito dopo tocca a me. La sua quota mensile è di cinquanta euro, la mia di quattrocento. Anch’io non dico altro, ringrazio ed esco. Sono contento che quella ragazza usufruisca, come me, di un servizio di buon livello. Il fatto che sia straniera mi fa solo ritenere che ha sicuramente fatto grandi rinunce per essere qui, che di sicuro le piace lavorare e che lo farà anche suo marito, e tutto questo per offrire migliori  opportunità di integrazione e di futuro per i loro figli. Sarei pure orgoglioso di vivere in un Paese dove tutte le sue speranze vengono agevolate, ma il fatto che paghi otto volte in meno della mia quota mi fa pensare che proprio tutto bene non va. Visto che nessuno, nemmeno un single, riuscirebbe a vivere col mio reddito diviso otto, c’è la possibilità che dietro il sacrificio di quella famiglia ci sia un datore di lavoro che non fa tutte le cose in regola. Evade le tasse quando sfrutta il lavoro di famiglie come la loro, gli nega l’assistenza, e fa danno due volte, perché nella mia quota c’è la compensazione dello squilibrio sociale che il sistema ingenera.
E’ davvero così difficile rendere la vita più difficile agli evasori?
Esco e mi avvio a pagare il dovuto. Fuori dalla mia libreria di fiducia trovo una fila enorme di genitori alle prese con questioni “educative”, le scuole hanno appena riaperto i battenti. Un papà che conosco è in coda per ritirare gli ultimi libri delle sue figlie. Ci tiene che inizino con tutti i testi a disposizione. La più grande fa le medie e ne ha in lista diciotto. Chiedo se per caso l’ha iscritta al MIT di Boston, ma pare sia un numero normale e mi dice di tenermi pronto perché più avanti toccherà anche a me e di certo non diminuiranno il prezzo di copertina. Lui spende circa cinquecento euro per entrambe. Mi spiega che solo qualche autore mette i testi a disposizione su internet, ma che il costo per stamparli  e rilegarli non è molto più basso del prezzo di acquisto. Penso che sarebbe molto più semplice far utilizzare ai ragazzi un e-book reader, che tra l’altro si usa anche  l’anno dopo, anche acquistato dai genitori, magari ad un prezzo speciale per un così cospicuo gruppo di acquisto. E poi i testi digitali comprati dalla scuola pubblica e distribuiti agli alunni. Il compenso dell’autore sarebbe sicuramente salvo, quello di tutti gli altri intermediari che ci sono intorno forse meno, ma non è ora di iniziare a scardinare tutti quei centri di interesse che rallentano la modernità e con questa la qualità della nostra vita?
Il mio interlocutore risponde al mio suggerimento  con una domanda, ed è la quarta e per oggi direi che può bastare, devo tornare veloce a casa e correre al lavoro:
“Ma secondo te, quelli là lo sanno che cos’è un e-book?”
Published with Blogger-droid v1.7.4

1 commenti:

ticci ha detto...

...sei troppo avanti, Ste! ;)