lunedì 12 settembre 2011

Il terribile giro del morto 2011

Questa mattina mentre mi accingevo ad uscire di casa per partecipare alla gara podistica, ho assistito ad uno scambio di pensieri tra il piccolo David, già sveglio alle 8, e Mari, più assonnata ma non meno pronta di spirito. Probabilmente incuriosito dal mio frenetico entrare ed uscire dalle stanze alla ricerca dell'abbigliamento giusto e di altri accessori da inserire nello zaino, lo sguardo del marmocchio si interrogava sul perché di tanta meticolosa preparazione, mentre la mamma era già pronta con la risposta da dargli: "Il papà questa mattina non la passerà con noi. No David, non va a lavorare, è domenica ricordi? E la domenica è il giorno dedicato agli affetti e alla famiglia. Ma lui ha una corsa. La chiamano Il Giro del Morto". Il piccolo, che fino a quel momento aveva seguito a bocca semiaperta quelle parole dal tono sussurrato e, solo in apparenza, dolcemente proferite, mostrava ora un piccolo sussulto, non si sa se stupito dalla paventata scelta di campo paterna oppure dalla lugubrità dell'ultimo nome pronunciato. Per tranquillizzare il nanetto intervenivo allora in sua e mia difesa: "Il nome della gara ha in realtà un significato scherzoso (post del 2009), ma di certo è in assonanza con la sua durezza. Quasi tredici km collinari, tra salite spezza-gambe, discese insidiose, sentieri malconci e sterrati poco ospitali.". Gli occhietti rimanevano spalancati ma le sopracciglia si inarcavano come ad esprimere una seria preoccupazione per la mia incolumità. La mamma riprendeva arguta:"No tesorino, tranquillo. Il tuo papino non corre alcun pericolo, se non la possibilità di qualche crampo o al massimo il rischio che un boccone gli vada di traverso nel rinfresco di fine gara. Sai, lui non può certo mancare, tutti i suoi amici sono lì, ci va ogni anno, e poi ci tiene così tanto". David era decisamente tranquillizzato dalle ultime spiegazioni, per lui assolutamente prive di qualsiasi sarcasmo o velata ironia. Anzi sorrideva con piglio orgoglioso, quasi commosso di avere appena scoperto che il papà che si ritrova è un grandissimo atleta, un uomo incurante dei pericoli, un altruista che gode di immensa considerazione da parte dei suoi amici. Mentre il senso della realtà mi imponeva di stemperare le aspettative che il piccolino stava chiaramente costruendo sulla mia figura, la concentrazione di tante emozioni stampate sul suo viso ed il fatto che ero terribilmente in ritardo mi suggerivano di lasciare tutto così; senza  accentuare l'immagine mitizzata che si era appena materializzata nei suoi occhi, ma senza nemmeno smentire brutalmente quella che in fondo è una legittima aspettativa di tutti i bambini. Anzi, il suo spontaneo orgoglio mi aveva appena dato la carica che mi mancava, l'energia necessaria, lo stimolo a non deluderlo. Uscivo lanciandogli un ultimo sguardo ed un sorriso appena accennato, per non tradire la gravità del sacrificio che dovevo compiere per tutta la famiglia. Alla scena della mia uscita mancava solo una trionfale colonna sonora di sottofondo e un effetto frame al rallentatore. D'altra parte quello del papà è ruolo che, come in un grande film, richiede un discreto sacrificio, una immedesimazione totale, una credibilità continua. E ogni tanto si deve uscire dalla scena per dare più suspence al rientro.


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2 commenti:

ticci ha detto...

Conserva questo filmato per quando David sarà più grande, imparerà dal suo papà il senso dell'amicizia...ed il rispetto per i vecchietti che non ce la fanno più!!! :)

MB ha detto...

Hai fatto davvero tanto nel riuscire a correre e filmare su un percorso così impegnativo! Bravo! :) C'ero anch'io! Ho terminato la mia prova in 24ma posizione! Ciao!