giovedì 22 dicembre 2011

NATALE IN SARDEGNA. L'arrivo

Atterriamo che ormai è scuro già da diverse ore. Ricordavo che la notte in Sardegna è molto più buia e silenziosa che altrove. Il nostro è l'ultimo volo della giornata. Mentre ci attardiamo a sistemare il piccolo, l'unico bar aperto in aeroporto ha già spento le macchine e alzato le sedie; il personale con le divise in velluto si prepara a rientrare a casa. Sono lontani i mesi estivi della folla vestita a colori accesi e siamo, credo, gli ultimi ad uscire dalle porte girevoli. Fa freddo anche qui, ma il vento delicato che muove i nostri pesanti giubbotti lo rende molto diverso da quello umido di casa. Siamo pur sempre in una città di mare. Usciamo dalle sopraelevate di Olbia molto velocemente. Sulla statale per Cagliari i miei fari non superano il margine dell'asfalto. Scruto oltre ma tutto è impenetrabile e mi dispiace di non poter vedere il paesaggio circostante, selvaggio fino al misterioso, unico e irreplicabile. A volte ne sento il bisogno. Su una piazzola scorgo un'auto ferma e le voci dei miei passeggeri hanno una impercettibile esitazione. Ma nessuno dice nulla, perché non c'è nulla da dire se non, come già detto, che le notti da queste parti non sono le stesse che altrove.
Arriviamo a Nuoro e il suo svincolo periglioso mi ricorda ogni volta un preciso lato del carattere di questa regione. Scorgiamo, ben illuminata, la zona industriale e commerciale, il satellite di speranza della città. Un cantiere poco segnalato recinta i lavori di una enorme rotonda. Ognuna che si realizza diventa, qui, un evento e c'è anche chi continua a dire che i nuoresi non sono capaci di percorrerle. Probabilmente è vero ma anche da noi, in continente, nessuno sa guidare nelle rotonde e di certo ce ne sono di più. Il mio passeggero mi segnala, per tempo, una buca dell'asfalto che è impossibile scorgere da soli. Anche lui ci si imbatte ogni volta.
A parte i lavori la parte di città che attraverso mi sembra uguale, la riconosco. Anche l'albero di Natale all'inizio del corso è impietosamente uguale.
A casa mi sento all' improvviso tutta la stanchezza del viaggio e qualche brivido di febbre. Mi preparo una tazza di latte prima di dormire. È più bianco che altrove e penso alla neve che mi avevano detto avrei trovato e che invece, per fortuna, non c'è. Lo assaporo senza altro aggiungere al suo gusto, buono, decisamente diverso che altrove.
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